da La Redazione | 11 Febbraio 2015 22:05
Basti pensare che in Emilia Romagna dal 2009 a tutt’oggi sono sparite oltre 10 mila attività artigianali.
Quelle che hanno più risentito la crisi sono stati i settori delle Costruzioni (-17%) e dei Trasporti (-13%). In termini assoluti, anche gli impiantisti (elettricisti, idraulici, manutentori, etc.) sono stati a subire la contrazione assoluta più importante.
Ma anche la chiusura delle officine, di falegnamerie, reparti dell’abbigliamento (tessile, abbigliamento e calzature) rientrano fra quelle attività più penalizzate.
Oltre il 50% delle attività artigianali che hanno abbassato la saracinesca provengono dal settore Casa (edili, lattonieri, posatori, elettricisti, idraulici, manutentori caldaie, ecc).
Vi sono alcune professioni storiche dell’artigianato che stanno scomparendo, vuoi per le profonde trasformazioni che i rispettivi settori stanno subendo o per il fatto che i giovani non si avvicinano più a questi mestieri: come i barbieri, i calzolai, i sarti, i fotografi, i rilegatori o le ricamatrici che con le loro botteghe hanno caratterizzato la vita quotidiana di tanti paesi e città.
Questo deve fare molto riflettere perchè, quando la crisi sarà superata, queste attività non essendo state tramandate alle nuove generazioni, saranno difficilmente ripristinate impoverendo un tessuto sociale e culturale che i nostri paesi e borghi avevano attinto.
Occorre arginare con interventi mirati oltre del Governo centrale, soprattutto dalle Amministrazioni Comunali che dovrebbero, in questo momento di crisi, detassare le attività che hanno scelto o che sceglieranno i centri urbani quale loro sede e che contribuiscono in questo modo a ravvivare il tessuto economico e sociale dei Comuni spogliati dalle antiche tradizioni.
la Redazione
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