Immigrazione, il giorno dopo

da La Redazione | 14 Settembre 2015 18:11

Vogliamo fare partecipi i nostri lettori sulle problematiche di integrazione degli stranieri in Italia ed abbiamo estratto questo dossier da una ricerca effettuata di recente da Openpolis.

Un approfondimento sull’integrazione degli stranieri in Italia, con dettagli sulle singole regioni e confronto con i Paesi UE. I focus – realizzati grazie alla collaborazione con ActionAid – riguardano le comunità presenti e il loro inserimento nella scuola e nel mondo del lavoro.

Popolazione residente. Sono quasi 5 milioni gli stranieri residenti in Italia e rappresentano l’8% del totale della popolazione . La loro presenza è quadruplicata negli ultimi 10 anni ed è concentrata nelle regioni del centro-nord (si va dal 2,5% della Sardegna al 12% dell’Emilia-Romagna). 190 le nazionalità presenti, la comunità più grande è quella rumena con oltre 1 milione di persone.

Permessi di soggiorno. il 71% degli stranieri residenti sono cittadini extra comunitari  che hanno un permesso di soggiorno (1,7 milioni con scadenza e 2,2 milioni di lungo periodo). Nel 2013 i nuovi rilasci temporanei sono stati per lo più per motivi di lavoro (33%), famiglia (25%) o studio (10%). I permessi rilasciato collegati all’emergenza rifugiati (asilo politico o motivi umanitari) sono stati il 7,49%.

Forza lavoro. In Italia il 10,82% dei lavoratori regolari è straniero , una percentuale superiore alla media europea che è del 7%. In dieci anni l’aumento registrato è stato del 146%, nel 2004 la forza lavoro straniera era al 4,4%. La distribuzione varia nelle diverse regioni italiane, il picco è nel Centro (13,67%) mentre i valori più bassi sono al sud (5,26%).

Crisi economica. Gli effetti della crisi sono stati ancora più duri per gli stranieri residenti in Italia. Se per gli italiani l’occupazione è scesa di 2,6 punti percentuali, la diminuzione per i lavoratori extra UE è stata più forte (8,3%). Allo stesso tempo in Italia, il rischio di povertà ed esclusione locale è del 26,5% per i locali e del 43,6% per gli stranieri.

Divario retributivo.  L’80% dei dirigenti italiani guadagna più di 2.000 euro al mese contro il 58% dei pari livello di origine extra europea. A parità di lavoro non c’è quindi parità di compenso . E ancora, se l’8,3% degli italiani guadagna più di 2.000 euro al mese, la percentuale scende ad appena lo 0,6% per i lavoratori extra-Ue.

Educazione scolastica. Come succede per la forza lavoro, anche la percentuale di alunni stranieri iscritti nel sistema scolastico italiano risulta in costante crescita. Si è passati dal 4,8% dell’anno scolastico 2005/2006, al 9% del 2013/2014.  Sono molto ampie le differenze territoriali, e nella classifica regionale la forbice tra la prima regione e l’ultima è molto ampia:l’Emilia-Romagna ha il 15,3% di alunni stranieri, la Campania solo il 2,1%.

Seconda generazione. Nell’anno scolastico 2013/2014 degli 802.785 alunni stranieri iscritti nelle scuole italiane, il 51,72% era nato in Italia. Per la prima volta nella storia del nostro paese, gli studenti stranieri nati in Italia hanno superato quelli nati all’estero .

Rendimento scolastico. Crescono le percentuali, ma restano le differenze nelle performance scolastiche con i colleghi italiani. L’11% degli alunni italiani è in ritardo sul percorso scolastico, percentuale tre volte più alta per gli stranieri (36%). Il tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione è del 13,% per gli italiani, e del 34% per gli alunni extra-Ue.L’Italia è il paese con meno stranieri laureati (12,4%) di tutta l’UE , dove la media è del 32,3%.

Inserimento lavorativo.  Il passaggio dal mondo scolastico a quello lavorativo è un momento fondamentale per l’integrazione dei giovani figli di immigrati. Tante le difficoltà. La percentuale di Neet (giovani che non lavorano e non studiano) è altissima, 31,3%. Mentre la durata media del primo lavoro per i figli di immigrati è di 11 mesi, il dato più basso fra i paesi Ocse.

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