PROVINCE: in mezzo al guado, caos e senza soldi per garantire i servizi essenziali

da La Redazione | 30 Aprile 2017 22:48

Malgrado una certa semplificazione giornalistica, la riforma delle province convertita in legge nell’aprile del 2014 dalla Camera non ha previsto un’abolizione totale delle province, ma una sostituzione con nuovi enti che hanno continuato a occuparsi di edilizia scolastica, tutela e valorizzazione dell’ambiente, trasporti, strade provinciali e per i quali (a differenza di prima) non sono più previste elezioni dirette. Per l’abolizione totale delle province sarebbe stata necessaria una modifica della Costituzione, ma solo come primo passaggio formale. La riforma costituzionale bocciata con il referendum del 4 dicembre prevedeva semplicemente di eliminare la parola “province” dalla Costituzione, rimandando poi a una futura legge ordinaria la determinazione delle funzioni e delle competenze di questi enti o la loro eventuale cancellazione In tutti questi passaggi la situazione è rimasta piuttosto confusa, e complicata.

Com’è andata e come funziona

Nell’aprile del 2014 la Camera convertì in legge il cosiddetto “Disegno di legge Delrio” sulla riforma delle province – che io chiamerei una legge scellerata – approvato dal Senato con qualche difficoltà un mese prima. La legge prevedeva una riformulazione delle province trasformate in enti di secondo livello, per i quali non sono cioè più previste elezioni dirette.

I nuovi enti hanno competenza in materie come edilizia scolastica, tutela e valorizzazione dell’ambiente, trasporti, strade provinciali. Un’altra funzione è il “controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale” e la “promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale”. Tutte le altre competenze sarebbero dovute passare ai Comuni, ma le cose sono andate a rilento e di fatto le competenze delle province sono rimaste molto simili a quelle prima della riforma.

Il problema

Una cosa che ha accompagnato la trasformazione formale delle province prevista dalla riforma Delrio è il taglio dei finanziamenti di questi stessi enti. I tagli ai fondi sono arrivati però molto prima del “riordino” deciso dal governo e questo ha causato diversi problemi.

Senza un provvedimento straordinario nessuna Provincia sarà in grado di predisporre i bilanci 2017 con la conseguente interruzione dei servizi essenziali ai cittadini.

Già, perché l’eterna “abolizione delle Province” ha vissuto finora su una sorta di equivoco, che ha puntato a cancellare il nome di questi enti dall’orizzonte legislativo e costituzionale ma non ha potuto azzerarne le attività che si possono riassumere in questi numeri: 130mila chilometri di strade da mantenere, 5mila scuole superiori da scaldare per evitare raffreddori e bronchiti a 2,5 milioni di studenti delle superiori, e da ristrutturare per non inciampare in guai peggiori, circa 20mila dipendenti rimasti in Provincia dopo la maxi-mobilità che ne ha distribuiti altri 23mila fra Comuni, Regioni, uffici giudiziari e pre-pensionamenti e una spesa corrente che viaggia a circa 4,8 miliardi all’anno.

Nella provincia di Rimini

Il disinteresse del Governo nei confronti degli enti provinciali riguarda anche il Riminese dove necessitano 3,7milioni di euri per il bilancio 2017; senza questi non è possibile fare fronte alle emergenze che sono sotto tutti gli occhi di tutti: strade provinciali al collasso, buche e frane sono un pericolo costante per gli utenti e la figuraccia nei confronti dei turisti, scuole superiori anche queste da ristrutturare e al minimo di manutenzione se non addirittura prive; ce n’è abbastanza per restare preoccupati per la nostra incolumità e dei nostri ragazzi che frequentano le scuole superiori.

Piero Ricci

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